mercoledì 3 settembre 2025

Al via la targa dei monopattini elettrici

 Con ritardo ormai istituzionalizzato si è data attuazione all’articolo 1 comma 75 vicies quater della L. 160/2019 che prevedeva la dotazione del contrassegno da apporre ai monopattini elettrici ai fini della loro identificazione.



In data 27 giugno 2025 ha visto la luce il Decreto n. 210 emesso dal Capo Dipartimento per i Trasporti e la Navigazione nel quale sono state indicate e previste le specifiche tecniche che il contrassegno deve possedere per la sua stampa presso l’Istituto Poligrafico e Zecca della Stato.

In sintesi il contrassegno si compone di una combinazione alfanumerica univoca di 6 caratteri, deve avere l’emblema della Repubblica Italiana con le incisioni antistrappo e serigrafie atte a garantirne l’autenticità e a prevenire eventuali manomissioni.

È stampato su supporto plastificato adesivo non rimovibile con sfondo di colore bianco, deve essere applicato in modo visibile e permanente nell’apposto alloggiamento previsto sul parafango posteriore o in sua assenza deve essere posizionato perpendicolarmente sul piantone dello sterzo nella parte anteriore.

Al fine di garantire l’associazione del monopattino al rispettivo proprietario l’allegato B del decreto disciplina i criteri di formazione delle combinazioni alfanumeriche con applicativo informatico gestito dal Ministero.

Tocca ora si proprietari mettersi in regola provvedendo a richiedere ed apporre il contrassegno sul monopattino, pena l’applicazione di una sanzione pecuniaria da 100 a 400 euro.

Ricordiamo che ora il veicolo così identificato dovrà essere obbligatoriamente assicurato per la RCA.

di Bianca Pascotto (ASSINEWS)

domenica 16 marzo 2025

A gennaio la nuova produzione vita cresce del 15,6%

 

A gennaio la nuova produzione vita cresce del 15,6%

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Considerando anche i premi raccolti dalle rappresentanze di imprese U.E., pari a € 648 mln, in aumento del 5,8% rispetto al corrispondente mese del 2024, i nuovi affari vita complessivi nel mese di gennaio sono stati pari a € 8 mld, registrando un incremento annuo del 14,7%.

In calo del 4% la raccolta del ramo I a € 5 mld (il 67% dell’intera nuova produzione vita, contro l’81% di gennaio 2024), rispetto ad una crescita del 15,7% dell’analogo mese del 2024; di tale importo, il 32% proviene da nuovi premi investiti in gestioni separate di prodotti multiramo (polizze combinazione di una componente di ramo I e di una di ramo III), volume in aumento del 51,6% rispetto al primo mese del 2024.

Più che positiva invece la raccolta dei nuovi premi di polizze di ramo V (quasi quadruplicata rispetto al mese di gennaio 2024), a fronte di un importo pari a € 199 mln, il 3% dell’intero new business.
La restante quota della nuova produzione vita, pari al 30% del totale (il 18% nel mese di gennaio 2024), ha riguardato il ramo III (nella forma esclusiva unit-linked) per € 2,2 mld, importo quasi raddoppiato rispetto allo stesso mese del 2024; il 58% dei nuovi premi raccolti di ramo III sono investiti nella componente unit-linked di contratti multiramo, in aumento del 143,4%.

Per le polizze di malattia di lunga durata (ramo IV), nel mese di gennaio si osserva un volume di nuovi premi in aumento del 2,8% rispetto al corrispondente mese del 2024, a fronte di un ammontare pari a € 5 mln, mentre i nuovi contributi relativi alla gestione di fondi pensione aperti sono risultati pari a € 14 mln, con un incremento annuo del 56,6%.
Nel mese di gennaio il numero delle nuove polizze/adesioni è stato complessivamente pari a 245 mila, in aumento del 10,0% rispetto all’analogo mese del 2024.

In riferimento alle diverse tipologie di prodotti commercializzati, i nuovi premi/contributi relativi a forme pensionistiche individuali sono pari a € 139 mln, in aumento del 15,2% rispetto al primo mese del 2024. Il 10% di tale importo è afferente ai nuovi contributi
relativi alla gestione di fondi pensione aperti (ramo VI) mentre la restante quota è rappresentata da PIP, di cui la metà è costituita da PIP sottoscritti tramite prodotti multiramo.
La raccolta di nuovi premi attinenti a forme di puro rischio è risultata a gennaio in aumento del 28,7% rispetto allo stesso mese del 2024, a fronte di un ammontare pari a € 85 mln, di cui il 63% costituito da polizze non abbinate a mutui o credito al consumo.

I nuovi premi relativi a prodotti multiramo, esclusi quelli previdenziali e i PIR (Piani Individuali di Risparmio), sono ammontati a € 2,9 mld (+82,4% rispetto a gennaio 2024), di cui il 55% afferente al ramo I e pari al 39% del totale new business del mese (25% a gennaio 2024).

Il volume di nuovi premi afferenti a contratti PIR, intermediati per la maggior parte tramite sportelli bancari e postali di un numero ristretto di compagnie, è stato nel mese di gennaio pari a € 46 mln (di cui € 32 mln afferenti a prodotti multiramo), più che triplicato rispetto al primo mese del 2024.

In crescita la raccolta degli sportelli bancari e postali, che a gennaio hanno raccolto nuovi premi per € 5,3 mld, registrando un incremento del 18,0% rispetto allo stesso mese del 2024.

In crescita del 21,5% (a 701,28 mln) anche la raccolta degli agenti (che hanno una quota di mercato pari al 10%) e dei consulenti finanziari, che hanno intermediato un volume di nuovi premi pari a € 948 mln, registrando un incremento del 16,6% rispetto allo stesso mese del 2024.

La vendita diretta (che distribuisce il 5% dell’intera nuova produzione) ha invece registrato un decremento del 17,4% a 352,14 mln.

Dinamiche dei premi RCA: andamento della redditività e aumento dei premi

 

Dinamiche dei premi RCA: andamento della redditività e aumento dei premi

di Leandro Giacobbi.

Il 10 marzo 2025 sul sito dell’IVASS è stato pubblicato il Quaderno n. 33 sulle “Analisi delle dinamiche dei premi r.c. auto”. I “Quaderni IVASS” presentano analisi di carattere economico e giuridico su temi rilevanti per il sistema assicurativo. Si tratta di approfondimenti teorici, analisi quantitative, confronti internazionali, interventi sul diritto assicurativo e studi sul quadro normativo e sulla tutela del consumatore.

Con questa finalità, il lavoro di IVASS si è concentrato su due dinamiche: la prima è di descrivere l’andamento dei premi RCA in relazione all’andamento della redditività del ramo e quantificare gli aumenti per fasce di mercato, mentre la seconda è quella di indentificare una correlazione empirica tra aumenti dei premi e incremento dei costi dei sinistri (atteso o realizzato).

 Cercheremo di sintetizzarne i contenuti in due contributi. Il primo si focalizzerà sull’andamento della redditività e l’aumento dei premi. Il secondo sarà dedicato alla componente del costo dei sinistri quale vettore per la crescita del premio medio.

mercoledì 1 gennaio 2025

DUE IMPORTANTI AGGIORNAMENTI PER IL CALCOLO CONTRIBUTIVO

 Autori: Maria Elisa Scipioni, Alberto Cauzzi

ASSINEWS 370 – Gennaio 2025

Con la fine dell’anno due importanti aggiornamenti sono stati comunicati dagli uffici competenti. Parliamo dell’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione in vigore per il biennio 2025-2026 e il tasso di capitalizzazione dei montanti contributivi per tutti coloro che andranno in pensione a partire dal primo gennaio 2025. Si tratta di due grandezze fondamentali che entrano in gioco per tutti quei lavoratori che hanno almeno una parte di pensione calcolata col sistema contributivo (ormai quasi tutti). Introdotto con quella che ancora oggi è considerata La Riforma (legge Dini) del sistema previdenziale italiano ormai 30 anni fa per tutti i lavoratori in forza dal 1996 e per chi aveva meno di 18 anni di anzianità a quella data, a oggi, a seguito della Riforma Fornero del 2012, il calcolo contributivo riguarda tutti i lavoratori.

Come più volte esaminato su queste pagine, con questo tipo di calcolo, si apre una sorta di conto individuale per ogni posizione previdenziale, dove figurativamente vengono accumulati i contributi previdenziali. La pensione del lavoratore è data dalla sommatoria dei contributi versati nel corso della vita lavorativa, capitalizzati alla media quinquennale del Pil nominale e moltiplicati per il coefficiente di trasformazione stabilito dalla legge in base all’età del soggetto al momento del pensionamento.

Vediamo quindi quali sono gli aggiornamenti in merito e come incidono sugli assegni dei futuri pensionati.

 

Nuovi coefficienti di trasformazione per il biennio 2025-2026: riduzioni tra l’1,5% e il 2,2%

Come dice il nome stesso, i coefficienti di trasformazione non sono altro che dei valori che “trasformano” il montante dei contributi accumulato in pensione. Tali coefficienti esprimono il rapporto fra la prima rata annua di pensione e il montante contributivo il quale, a sua volta, è costituito dalla somma dei contributi versati dal lavoratore (accreditati in base all’aliquota di computo) e capitalizzati con la media quinquennale del tasso di variazione del PIL nominale. Essi risultano essere più elevati quanto maggiore è l’età del lavoratore, garantendo quindi una quota di pensione più alta per chi decide di tardare il pensionamento.

I coefficienti definiti per legge sono calcolati tenendo conto della speranza di vita del soggetto alla data di pensionamento, ma non dipendono dal sesso o dalla presenza o meno del coniuge. Senza dilungarsi nei dettagli, i fattori che incidono nella misura sono:

  1. le probabilità di sopravvivenza (e di morte) fornite dall’Istat e che sono desunte dalle tavole di mortalità della popolazione residente;
  2. la probabilità di lasciare famiglia del coniuge e quella di nuove nozze, elaborato appositamente dall’Inps;
  3. il differenziale di età fra il dante causa ed il superstite circa +3 uomini vs donne;
  4. il tasso tecnico o di sconto nel calcolo della rendita pari al 1,5%, che si sceglie come valore medio della rivalutazione del montante desunto dalla crescita del PIL;
  5. la “mensilizzazione” della rata di rendita annua (fattore pressoché costante).

Tra gli elementi elencati, il fattore principale di influenza nel tempo è riconducibile alla speranza di vita. Con il decreto n. 436 del 20 novembre 2024, il Ministero del Lavoro fissa i coefficienti di trasformazione applicabili nel biennio 2025/2026. Definiti per legge, come stabilito dalla Riforma Dini che li ha introdotti per la prima volta, devono essere aggiornati con cadenza biennale a partire dal 2019 e, pertanto, i nuovi coefficienti saranno in vigore per le pensioni erogate dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2026. Il nuovo aggiornamento torna a essere negativo con una riduzione che va dall’1,55% per i pensionati con 57 anni di età al 2,18% in corrispondenza del 71° anno di età rispetto agli attuali valori. Ciò sta a significare che la speranza di vita media torna a salire, contrariamente a quanto era emerso nel biennio precedente, ove l’aumento della mortalità e la riduzione della speranza di vita causati dalla pandemia, avevano fatto sì che i coefficienti di trasformazione (per l’unica volta da quando sono stati introdotti) risultassero migliorativi rispetto a quelli applicati per i pensionati del biennio precedente.

I coefficienti inizialmente introdotti dalla L. 335/1995 erano definiti per le età da 57 a 65 anni, allora rappresentavano le possibili età di pensionamento. I successivi aggiornamenti, questo è il settimo dalla loro entrata in vigore, invece, prevedevano coefficienti per le età comprese tra i 57 anni e i 70 anni. Mentre, a partire dall’aggiornamento 2019 è stato pubblicato anche il coefficiente per i 71 anni di età, così come previsto dalla Riforma Fornero1, per tener conto degli incrementi per la speranza di vita (2013; 2016; 2019) che hanno comportato un incremento complessivo per l’appunto di un anno. A titolo esemplificativo riprendiamo un semplice esempio per meglio comprendere ciò che accadrà per i soggetti che andranno in pensione nel biennio 2025-2026.

 

L’Istat diffonde il tasso di sostituzione di rivalutazione dei contributi per le pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2025: aumento di oltre il 3,6%

Il calcolo contributivo dovrebbe rappresentare la garanzia di sostenibilità del sistema pensionistico nel problematico futuro della previdenza, connotato da squilibri demografici e tassi ridotti di sviluppo economico.

Tra i principali fattori, che incidono su tale sistema di calcolo, c’è la crescita della ricchezza del Paese: il cosiddetto prodotto interno lordo (PIL). Nello specifico questa grandezza riguarda la fase di vita attiva del lavoratore, ossia il momento in cui si versano e si accumulano i contributi.

Va specificato che il sistema di calcolo contributivo solo apparentemente utilizza i parametri della capitalizzazione; in realtà, il sistema di finanziamento della previdenza pubblica continua a essere a ripartizione: i contributi incassati vengono e verranno immediatamente utilizzati per pagare le pensioni in essere.

La capitalizzazione dei contributi versati, quindi la redditività degli stessi, avviene sulla base del Prodotto interno Lordo del nostro Paese. Possiamo pertanto affermare che dall’evoluzione del PIL dipende in misura rilevante l’entità del futuro assegno pensionistico di chi oggi lavora.

Di fatto, la legge Dini recita: “il tasso annuo di capitalizzazione è dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo, (PIL) nominale, appositamente calcolata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare. In occasione di eventuali revisioni della serie storica del PIL operate dall’ISTAT i tassi di variazione da considerare ai soli fini del calcolo del montante contributivo sono quelli relativi alla serie preesistente anche per l’anno in cui si verifica la revisione e quelli relativi alla nuova serie per gli anni successivi”.

Con la nota protocollo n. 2545394/24 del 5 novembre 2024 l’Istat ha comunicato il valore del tasso annuo di capitalizzazione ai fini della rivalutazione dei montanti contributivi relativamente al 2024. Il tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale, nei cinque anni precedenti il 2024, risulta pari a 0,036622 e, pertanto, il coefficiente di rivalutazione è pari a 1,036622. Ciò sta a significare che, per i lavoratori che andranno in pensione a partire dal 1° gennaio 2025, il montante accumulato al 31 dicembre 2023 dovrà essere rivalutato per tale valore; mentre i contributi versati nell’anno 2024 non saranno oggetto di alcuna rivalutazione.

Nell’anno 2014 per la prima volta dall’entrata in vigore del sistema contributivo, l’ISTAT aveva comunicato un tasso di capitalizzazione negativo: “il tasso annuo medio composto di variazione del prodotto interno lordo nominale, nei cinque anni precedenti il 2014, risulta pari a – 0,001927 e, pertanto, il coefficiente di rivalutazione 2014 del montante contributivo maturato al 31 dicembre 2013 è pari a 0,998073”. In termini riduttivi ciò stava a significare che per chi aveva maturato al termine del 2013 un montante di 100.000 euro, la pensione era calcolata su 99.807 euro per effetto della svalutazione. L’allora Governo decise così di intervenire in merito con il decreto legge 65/2015 congelando la svalutazione e stabilendo che in tali circostanze debba essere applicato un tasso di rivalutazione comunque pari a 1.

Occorre sottolineare che nel modello di calcolo Epheso i citati adeguamenti dei coefficienti di conversione e rivalutazione sono già ipotizzati. Gli incrementi della speranza di vita e l’andamento atteso del tasso di crescita del Pil sono allineati al modello della Ragioneria dello Stato per le previsioni a lungo termine del sistema previdenziale. Lo scostamento tra previsioni e consolidato è sufficientemente al di sotto del margine di errore del 2%.


1 art. 24, comma 16, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, laddove stabilisce che ogniqualvolta, a seguito dell’adeguamento alla variazione della speranza di vita, il predetto adeguamento comporti, con riferimento al valore originariamente indicato in settanta anni per l’anno 2012 dal comma 4 dell’art. 24 medesimo, l’incremento dello stesso tale da superare di una o più unità il predetto valore di settanta, il coefficiente di trasformazione è esteso, con effetto dalla decorrenza di tale determinazione, anche per le età corrispondenti a tali valori superiori a settanta nell’ambito della medesima procedura di cui all’art. 1, comma 11, della legge n. 335 del 1995.

CARO ASSICURATO, NON TE LO DEVE DIRE L’ASSICURATORE DI ESSERE PRUDENTE

 Autore: Marco Rossetti

ASSINEWS 370 – Gennaio 2025

La legge non ammette ignoranza: un salutare “stop” della Corte di cassazione all’opinione per cui la polizza debba “spiegare tutto”.


1. Una gita finita male.

Immaginiamo la scena: è agosto; è sera; c’è la luna; c’è il mare (siamo sulla splendida costa pugliese a metà strada tra Taranto e Gallipoli). Un gruppo di amici a bordo di un lussuoso natante di sedici metri getta l’ancora, ormeggia, scende e va a cena in un ristorante tipico all’ombra d’una antica torre.

Le cronache giudiziarie non riferiscono quanto fu raffinata la cena: ma per prelibate che fossero le leccornie ammannite ai nostri amici, è certo che fu loro rovinata la digestione dai soliti ignoti che, profittando dell’oscurità, si impossessarono del natante senza lasciare traccia.

AUTO ELETTRICHE

 Autore: Filippo De Bellis

ASSINEWS 370 – Gennaio 2025

Ma quanto ci costano tra premi e costi di riparazione?

Lo scorso 9 ottobre, nell’ambito del Festival delle Assicurazioni e della Previdenza 2024, è stato organizzato un incontro tra professionisti ed imprenditori del settore con focus sui costi delle auto elettriche, incentrato in particolare sui costi di riparazione ed assicurativi delle EV.

La strada verso la costruzione e vendita di auto dotate di sola motorizzazione elettrica è stata voluta dalla UE nel 2019, nell’ambito del pacchetto di iniziative legate al Green Deal; è stata fissata la data limite al 2035 ed un primo step di verifica al 2026, per la produzione di auto con motore termico. Quella della motorizzazione elettrica è sicuramente una irreversibile certezza, forse non del tutto ragionevole per obbligo e tempistiche, come sta chiaramente emergendo, e per di più il percorso rigido e stretto programmato a Bruxelles è sempre più irto di problemi, ostacoli e dubbi, anche a livello di alcuni stati membri come l’Italia, ma la UE rimane ad oggi ferma nel confermare le date stabilite verso lo stop definitivo al termico. Intanto il mercato europeo dell’auto in generale vacilla, le EV non si vendono e persino i costruttori di moto elettriche, quasi del tutto neglette, chiudono.

venerdì 13 dicembre 2024

Rapporto Assogestioni-Censis: cosa spinge i giovani a risparmiare?

 

Rapporto Assogestioni-Censis: cosa spinge i giovani a risparmiare?


L’89,5% dei giovani dichiara che gli capita di mettere da parte soldi, anche per periodi molto brevi e per le più diverse finalità precauzionali, di investimento e anche di consumo. Il 53,5% dei giovani (il 56,1% degli adulti e il 34,4% degli anziani) accantona somme per per sentirsi più sicuro nel quotidiano, per affrontare difficoltà ed eventi avversi; il 30,4% dei giovani (il 20,8% degli adulti e il 18,6% degli anziani) per togliersi qualche sfizio di tanto in tanto con viaggi, acquisto di oggetti preziosi ecc.; il 26% dei giovani (il 17,7% degli adulti e il 3,3% degli anziani) per finanziarie spese importanti, ad esempio l’acquisto di immobili, auto ecc.. Sono alcune delle ragioni che spingono i giovani a risparmiare e che emergono dall’aggiornamento del V Rapporto Assogestioni-Censis.

Se dovesse investire i propri soldi, il 44,4% dei giovani risparmiatori sarebbe sensibile alla necessità di costruire nel tempo sicurezza per sé stesso, il 35,1% a proposte di differenziazione del portafoglio investimenti, il 35% a buoni rendimenti, il 18,7% alla necessità di non tenere liquidi i soldi. Altri criteri sono il rispetto dei propri valori (23,7%).

Molto alta la paura di subire perdite in caso di investimento: lo segnala l’82,7% dei giovani risparmiatori, di contro al 76,4% degli adulti e al 71,2% degli anziani che risparmiano.

La gestione dei soldi da parte dei giovani risparmiatori è condizionata da una serie di comportamenti potenzialmente rischiosi. Il 56,9% controlla continuamente l’andamento dei propri investimenti, con il rischio di fare cambiamenti in tempi brevi smentibili, il 54,7% si fa condizionare da eventi improvvisi e dal clima che generano, ad esempio la guerra, l’ottimismo dei buoni risultati economici ecc., il 35,2% segue i comportamenti della maggioranza. Sono approcci che richiamano una emozionalità che rischia di generare decisioni avventate, non conformi al raziocinio che dovrebbe guidare le scelte di investimento.

Al 60,4% dei giovani risparmiatori (al 49,4% degli adulti e al 17,4% degli anziani) è capitato di modificare decisioni sull’utilizzo dei propri soldi a causa di notizie su eventi globali come guerre, crisi economiche globali o crisi in altri paesi. Più attenti agli eventi internazionali, l’81,5% dei giovani risparmiatori vuole essere informato meglio su eventi globali e sulle loro ricadute nazionali.

Una cultura finanziaria inadeguata

Il 48,6% dei giovani risparmiatori non conosce l’impatto del tasso di interesse su un prestito bancario. Ancora più preoccupante, è l’estraneità con gli strumenti di welfare integrativo, con il 40,8% dei giovani che dichiara di non sapere cosa sia la previdenza complementare, contro il 28,8% degli adulti e il 31,4% degli anziani.

Le aspettative dei giovani

Il 41,7% si aspetta dalla consulenza finanziaria aiuto nell’investire in prodotti dai buoni rendimenti, il 40,5% nel minimizzare i rischi, il 32,6% vuole le informazioni e le conoscenze di cui di volta in volta ha bisogno, il 31,3% consigli relativi a prodotti molto flessibili, da cui uscire senza costi aggiuntivi, il 28,1% supporto nel capire ciò che conta per i loro investimenti, il 19,2% un supporto più globale, non solo finanziario, ma anche assicurativo, il 15% un contributo di rassicurazione sulle scelte che eventualmente effettua, il 12,5% di essere emancipati dal prendere decisioni difficili.

Le aspettative dei giovani consumatori sulla consulenza finanziaria (val %). Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte. Fonte: indagine Censis

L’influenza del fattore umano nella gestione della sicurezza sul lavoro delle micro e piccole imprese edili

 

L’influenza del fattore umano nella gestione della sicurezza sul lavoro delle micro e piccole imprese edili


Uno studio Inail svoltosi nel triennio recente ha esaminato l’influenza e l’importanza che il
fattore umano può avere nell’ambito di una corretta ed efficace gestione della salute e sicurezza in edilizia, sulla base di due descrittori ritenuti particolarmente significativi: la “percezione del rischio” e il “time management”.

A tale scopo sono stati realizzati dei questionari e delle interviste somministrati a circa 300 lavoratori di micro e piccole imprese del settore edile di Roma e provincia.

L’edilizia risulta ancora oggi infatti uno dei settori lavorativi dove gli indici di frequenza degli infortuni e il numero assoluto di incidenti mortali sono più elevati. Inoltre, in questi ultimi anni il settore edile ha subito un processo di grande trasformazione, sia dal punto di vista dei lavoratori (calo dell’occupazione, maggiore diffusione di forme di lavoro atipico), sia per quanto concerne l’ambito procedurale (svolgere le proprie mansioni con maggiore velocità per poter portare a termine più lavori possibili).

La percezione del rischio è soggettiva: decidiamo di affrontare o evitare la situazione di rischio in modo personale in base alle variabili anagrafiche, esperienziali e socioculturali. Ogni nostra attività quotidiana è basata sulla percezione che noi abbiamo del rischio ed è il frutto di una sua conscia (o inconscia) valutazione. Pertanto, la percezione individuale del rischio si può inquadrare secondo i seguenti presupposti:
• è influenzata da abitudini ed esperienze pregresse: l’individuo tende a sottovalutare
i rischi connessi alle abitudini di lavoro (es. il mancato utilizzo di DPI), i rischi che si
presentano quotidianamente e quelli ritenuti a bassa probabilità (es. crollo del ponteggio);
• varia in rapporto all’accettabilità collettiva del rischio, che si modifica nel tempo, nei luoghi, nei gruppi di lavoro, nelle culture e in rapporto ai valori personali, all’età, al sesso.

Così come la percezione assume un quadro piuttosto complesso a seconda dei fattori che
intervengono sulla persona, la propensione al rischio decresce se gli eventi sono ritenuti
incontrollabili dal soggetto e dipendenti da forze e avvenimenti esterni, mentre cresce se gli eventi sono ritenuti controllabili dal soggetto anche se dipendenti da forze esterne. Su queste premesse sono state considerate alcune variabili di tipo individuale, come gli atteggiamenti verso la sicurezza, e di tipo sociale, come il supporto dei colleghi, per valutare la loro influenza sul verificarsi di eventi infortunistici.

Nel complesso, l’analisi dei questionari e delle interviste fa emergere come la gestione del
tempo per i lavoratori del campione, risulti sostanzialmente accettabile: una buona
programmazione del lavoro determina una scarsa presenza di imprevisti. Oltre l’80% del campione ritiene, inoltre, di avere a disposizione supporti operativi adeguati grazie ai quali i processi di lavoro risultano più gestibili e controllabili.

Tuttavia, alcuni dati ci restituiscono un quadro che merita una riflessione in ambito di
percezione del rischio: la maggior parte dei lavoratori ritiene di avere tempi stretti per la
realizzazione dell’opera e dichiara di dover svolgere più compiti in contemporanea per rispettare i tempi di consegna dei lavori. Un ulteriore dato che desta attenzione riguarda la valutazione non costante e sistematica delle cause che generano ritardi: questo solitamente non permette di affrontare correttamente una successiva pianificazione, al fine di ottimizzare i tempi e abbassare il livello di rischio nello svolgere le proprie operazioni.

L’analisi anagrafica fa emergere che il 68% di coloro che ha risposto ha oltre 41 anni. Il fattore età diventa un determinante importante, che può condizionare le capacità lavorative, soprattutto in un settore di attività ad alto rischio infortunistico come quello
edile, caratterizzato da compiti che comportano uso di attrezzi, lavori in altezza, movimentazione manuale di carichi.

Non può non essere oggetto di riflessione – per il peso che può avere sui carichi di lavoro e sull’affaticamento – il fattore “multitasking” segnalato dagli operatori, ovvero tutte quelle
attività e compiti che l’operatore svolge contemporaneamente ad altre attività. Ciò comporta l’impiego di maggiori risorse cognitive rispetto a quelle solitamente impiegate, incrementando di conseguenza il carico di lavoro mentale complessivo sopportato quotidianamente dai lavoratori. I problemi di interruzione del flusso di lavoro e delle distrazioni che ne possono derivare costituiscono un altro elemento che può influire negativamente sulla performance lavorativa, determinando non solo possibili rischi di infortunio, ma anche uno spreco di tempo e conseguente frustrazione nei lavoratori.

Occorrerebbe dunque individuare precise strategie di age management per contenere il più
possibile gli effetti negativi dell’invecchiamento e valorizzare le competenze che si incrementano in quantità e qualità con l’esperienza, nonché investire sull’implementazione di corrette strategie cognitive per prevenire gli effetti negativi del multitasking e delle interruzioni. Si potrebbe ad esempio, pensare di avvalersi di un regolare utilizzo di check-list, dell’inserimento di strumenti di alert che facilitino il controllo sui processi di lavoro nelle loro fasi cruciali, di una suddivisione del lavoro e dei compiti che tenga conto dei tempi effettivi necessari all’attività stessa e non solamente dei tempi lineari.

Un altro aspetto interessante emerso è che le procedure e i piani di realizzazione delle opere sono percepiti più realistici dai lavoratori delle imprese di più piccole dimensioni (fino a 5 dipendenti). Ciò consentirebbe di ipotizzare che la maggiore facilità nell’instaurare relazioni collaborative consente ai lavoratori delle piccole imprese di godere di alcuni vantaggi derivanti probabilmente dalla facilità di incontrarsi quotidianamente per poter pianificare al meglio il lavoro da svolgere. Tuttavia, proprio le piccole dimensioni rendono difficile rilevare le forme e i meccanismi con cui si esplicano effettivamente le strategie organizzative che consentono alla piccola impresa di gestire in modo organico le diverse situazioni. Emerge comunque che l’introduzione di forme di scambio e confronto tra datore di lavoro e lavoratori, nonché tra i lavoratori stessi (riunioni, discussioni di squadra, ecc.), può contribuire a individuare gli aspetti più problematici, a ottenere suggerimenti utili per una migliore gestione del cantiere e a ottenere una maggiore collaborazione fra colleghi.

L’altro elemento considerato, il “time management”, riguarda alcuni aspetti specifici della
gestione del tempo. Le risposte del campione sugli strumenti, come ad esempio la lista dei compiti, appaiono variegate, delineando che l’uso di questi strumenti non sia una cosa strutturata ma delegata alla volontà del singolo. È emersa quindi in modo chiaro l’importanza di stimolare nei lavoratori la consapevolezza rispetto ai vantaggi che una gestione del tempo efficace potrebbe dare loro, con conseguenti vantaggi anche per l’impresa.

Una proposta interessante potrebbe consistere nella sistematizzazione degli strumenti
utilizzati in questo studio e nella diffusione durante percorsi formativi, per favorire lo scambio reciproco tra i lavoratori riguardo alla percezione del rischio e alla gestione del tempo, nel contesto operativo della propria specifica realtà lavorativa.

Inoltre, la raccolta e l’analisi strutturata di dati riguardanti le aree analizzate e le loro
intersezioni con i tratti anagrafici dei partecipanti, potrebbe garantire un’ampia panoramica
sull’andamento del settore delle costruzioni e su come i lavoratori lo percepiscono, fornendo così un’ulteriore possibilità di proporre azioni migliorative per garantire un crescente livello di sicurezza.

Fonte: Dati Inail

Prezzo medio RCA a 416 € al terzo trimestre

 

Prezzo medio RCA a 416 € al terzo trimestre


Secondo quanto rileva il Bollettino IPER di Ivass per il terzo trimestre 2024, il prezzo della garanzia RCA è in media pari a 416 euro. Su base annua, l’aumento del premio
medio RCA si attesta al +7,0% (+7,0% anche a giugno 2024), in termini nominali.
In termini reali, l’aumento e pari al +6,3%.

Nel trimestre sotto osservazione, il premio medio a luglio era pari a 416 euro, ad agosto 418 euro e a settembre 414 euro.

Il premio medio e superiore ai valori osservati nel periodo pre-pandemico (410 euro nel `
2019) e risulta in riduzione del -14,9% rispetto al terzo trimestre del 2014.

Premio medio per provincia

Per oltre un terzo delle province italiane il prezzo medio per la garanzia RCA supera i 400 euro, mentre il primo quartile della distribuzione dei prezzi medi provinciali e pari a 364 euro. `

Tutte le province registrano un incremento dei prezzi su base annua: gli aumenti variano
tra il +2,7% e il +11,3%. Gli incrementi maggiori sono rilevati a Roma (+11,3%), Caltanissetta (+10,1%) e Catania (+9,2%). Quasi un terzo delle province presenta un incremento del premio medio superiore al dato nazionale.

Il differenziale di prezzo tra Napoli e Aosta risulta pari a 267 euro, in aumento del +8,0%
su base annua e in riduzione del -42,4% rispetto al terzo trimestre del 2014.

Il premio medio per canale distributivo

Dal Bollettino emerge anche che le imprese che utilizzano in prevalenza il canale diretto hanno una quota di mercato superiore al 10% dei contratti e un premio medio di 379 euro, in aumento del 5,7% su base annua (+16,6% rispetto al terzo trimestre del 2022), mentre le imprese che utilizzano il canale agenziale presentano un premio medio più elevato, pari a 421 euro, in aumento del 7,1% rispetto al terzo trimestre 2023 (+14,3% rispetto al terzo trimestre del 2022.)

La scontistica ha un ruolo rilevante nella determinazione dei prezzi finali: il 91% dei contratti sottoscritti prevede l’applicazione di uno sconto. Lo sconto medio praticato dalle
imprese e pari a 210 euro ed incide per il 38,9% sul premio di tariffa, con una prevalenza `
della componente commerciale (70,7% sul totale) rispetto a quella tecnica, connessa alla
presenza di clausole o dispositivi con effetti di riduzione del premio.

Il prezzo medio per i contratti riguardanti i nuovi rischi (il 7,4% del totale dei contratti stipulati) è pari a 651 euro, in aumento dell’8,6% su base annua, a fronte di un incremento del +6,3 % per gli altri contratti.

Nel periodo in considerazione il 16,9% degli assicurati ha cambiato compagnia (+0,4% su
base annua). La mobilita degli assicurati risulta tuttavia in maggiore aumento se si confronta il dato con il terzo trimestre 2021: +5,4%.

Si conferma l’aumento dell’incidenza di alcune clausole con effetti di riduzione del premio, quali la guida esperta (dal 60% del 2022 al 65% del 2024) in luogo della guida libera,
con un significativo incremento rispetto al primo anno di osservazione (42% nel 2014).